Regimi contabili

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La normativa fiscale stabilisce a carico degli imprenditori e dei lavoratori autonomi una serie di obblighi contabili — in materia di imposte sui redditi e di IVA. Tali obblighi si differenziano in base al regime contabile del soggetto.
Attualmente sono previsti i seguenti regimi contabili:

ordinario (disciplinato dal titolo II del D.P.R. 600/73);

semplificato, per i contribuenti minori (art. 18 D.P.R. 600/73);

per i contribuenti minimi (introdotto dall’art. 1, co. 96-117, L. 244/2007 e in seguito modificato dall’art. 27 D.L. 98/2011, conv. in L. 111/2011);

forfettario degli enti non commerciali (art. 4 D.Lgs. 460/97);

forfettario per i contribuenti minimi (art. 1, co. 54-89, L. 190/2014).

L’entrata in vigore di quest’ultimo regime ha comportato l’abrogazione sia del regime dei contribuenti minimi ex art. 27 D.L. 98/2011, che pur tuttavia continuerà ad essere applicato per un certo periodo di tempo, sia di quello agevolato per le nuove iniziative produttive ex art. 13 L. 388/2000.

L’adozione di un regime in luogo di un altro è subordinata all’esistenza di condizioni diverse a seconda che si tratti di imprenditori o esercenti arti e professioni.
Inoltre, il nostro ordinamento detta disposizioni ad hoc per la determinazione del reddito d’impresa, per le attività di allevamento di animali e per altre attività agricole.

Regime di contabilità ordinaria

Il regime di contabilità ordinaria si applica obbligatoriamente alle imprese che nell’anno solare precedente hanno realizzato ricavi superiori a 400.000 euro o a 700.000 euro a seconda che abbiano per oggetto prestazioni di servizi o altre attività nonché alle società di capitali o enti pubblici o privati che esercitano esclusivamente o principalmente attività commerciale, indipendentemente dal volume d’affari realizzato.
Nell’ipotesi di esercizio di entrambi i tipi di attività, si fa riferimento al limite previsto per quella prevalente, nel caso di annotazione separata dei corrispettivi, o al limite di 700.000 euro, in caso contrario.
È data comunque facoltà ai contribuenti non obbligati al regime ordinario di optare per esso (art. 18 D.P.R. 600/73). Tale opzione è vincolante per un anno (art. 3 D.P.R. 442/97).
Il regime ordinario obbliga il contribuente a tenere le scritture contabili prescritte negli articoli 14, 15 e 21 del D.P.R. 600/73.

Devono pertanto essere utilizzati:
— il libro giornale: in esso vanno annotate tutte le operazioni attive e passive dell’impresa in ogni loro dettaglio, secondo un rigoroso ordine cronologico;
— il libro degli inventari: oltre agli elementi prescritti dal codice civile o da leggi speciali, esso contiene la consistenza dei beni raggruppati per categorie omogenee per natura e valore, il valore attribuito a ciascun gruppo e la loro ubicazione. Il libro degli inventari e il libro giornale devono essere solo numerati progressivamente. Non sono pertanto più soggetti a bollatura né a vidimazione;
— le scritture ausiliarie: in esse vanno registrati gli elementi patrimoniali e reddituali, raggruppati in categorie omogenee, in modo da consentire di desumere chiaramente e distintamente i componenti positivi e negativi che concorrono alla determinazione del reddito (es.: il libro mastro);
— le scritture ausiliarie di magazzino: in esse devono essere registrate le quantità entrate ed uscite delle merci destinate alla vendita dei semilavorati, dei prodotti finiti, degli imballaggi e delle materie prime. Tali scritture sono obbligatorie a partire dal secondo esercizio successivo a quello in cui per la seconda volta consecutiva l’ammontare dei ricavi e quello delle rimanenze siano superiori rispettivamente a 5.164.568,99 euro e a 1.032.913,80 euro (art. 1, co. 1, D.P.R. 695/96);
— i libri sociali obbligatori indicati nell’art. 2421 c.c.

I registri IVA e il registro dei beni ammortizzabili non sono obbligatori (D.P.R. 435/2001).
In ogni caso, laddove il contribuente decida di non avvalersene deve:
— effettuare le registrazioni nel libro giornale nei termini previsti dalla disciplina IVA per quanto riguarda le annotazioni previste ai fini di quest’ultima imposta e nel termine stabilito per la dichiarazione dei redditi per quanto riguarda le annotazioni relative ai beni ammortizzabili;
— fornire all’amministrazione finanziaria in forma sistematica, su sua richiesta, tutti i dati che andrebbero annotati nel registro che non si intende tenere.

Tutte le scritture contabili obbligatorie previste dal D.P.R. 600/73, da altre leggi tributarie o speciali e dal codice civile, vanno conservate — anche sotto forma di registrazioni su supporti di immagine — finché non siano definiti gli accertamenti relativi al periodo di imposta corrispondente, anche al di là del termine fissato nell’art. 2220 c.c. (10 anni dall’ultima registrazione) o da altre leggi tributarie.
L’art. 2215bis del codice civile consente di tenere i libri, repertori, le scritture e la documentazione previste obbligatoriamente dalla legge, con modalità informatica.
Per tali libri e scritture gli obblighi di numerazione progressiva e vidimazione necessari prima del loro utilizzo e gli altri obblighi (quale quello di regolare tenuta degli
stessi) sono assolti mediante apposizione, almeno una volta all’anno, della marcatura temporale e della firma digitale dell’imprenditore.
In merito all’assolvimento dell’obbligo di bollatura dei documenti tenuti con strumenti informatici va presentata, alla Direzione provinciale dell’Agenzia delle entrate competente, una comunicazione contenente l’indicazione del numero degli atti, dei documenti e dei registri che saranno emessi o utilizzati durante l’anno.
L’assolvimento, invece, dell’imposta di bollo va effettuata telematicamente ogni 2.500 registrazioni.
Per le imprese soggette o optanti per la contabilità ordinaria, il reddito si determina apportando al risultato emergente dal conto economico, relativo all’esercizio chiuso nel periodo d’imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti alle differenze tra i criteri utilizzati nella formazione del bilancio e le regole previste per la tassazione delle imprese.

Per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali valgono i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti da tali principi contabili (art. 83 TUIR).
Il regime semplificato costituisce il regime naturale per gli artisti e professionisti indipendentemente dal volume d’affari conseguito.
È comunque data loro facoltà di optare per il regime ordinario (art. 3, co. 2, D.P.R. 695/96): l’opzione è valida per un anno e, salvo revoca, si rinnova automaticamente di anno in anno (art. 3 D.P.R. 442/97).
Qualora opti per la contabilità ordinaria il contribuente è obbligato alla sola tenuta del registro cronologico delle operazioni attive e passive e delle movimentazioni finanziarie (giornalmastro in partita semplice) in quanto anche tali contribuenti possono decidere di non tenere i registri IVA e il registro dei beni ammortizzabili purché riportino le relative annotazioni nel suddetto registro cronologico.
I professionisti sono liberi d’incassare con qualsiasi modalità i compensi percepiti nello svolgimento dell’attività professionale.
Si ricorda, in ogni caso, il limite di 3.000 euro previsto dalla normativa antiriciclaggio per il trasferimento di denaro in contante: per importi pari o superiori a questa cifra è necessario emettere un assegno con l’apposizione della clausola «non trasferibile» (art. 49, co. 1, D.Lgs. 231/2007).
Per gli esercenti arti o professioni optanti per la contabilità ordinaria il reddito è determinato dalla differenza tra l’ammontare dei compensi, al netto dei contributi previdenziali ed assistenziali, percepiti nel periodo d’imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione (art. 54, co. 1, TUIR).

Regime di contabilità semplificata

Il regime di contabilità semplificata è stato per molti anni il regime naturale per gli esercenti arti e professioni, indipendentemente dal reddito da essi conseguito.

Inoltre, fino al 2016 costituiva un regime opzionale per le imprese di servizi e per quelle che svolgevano altre attività, purché realizzassero ricavi entro determinati importi.
Attualmente, per effetto delle modifiche introdotte dalla L. 232/2016 (art. 1, co. 17) il regime semplificato è diventato regime naturale anche per le imprese di servizi con ricavi non superiori a 400.000 euro e per le imprese che svolgono altre attività con ricavi non superiori a 700.000 euro.
Per tali tipologie di imprese il nuovo regime è immediatamente applicabile, sia che si tratti di soggetti che hanno iniziato l’attività dopo il ° gennaio 2017, sia che si tratti di imprese già in attività.
Restano esclusi da tale regime solo le società di capitali e gli enti pubblici e privati che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale: per essi permane il vincolo di assoggettamento al regime di contabilità ordinaria.
Si ricorda, inoltre, che anche i soggetti che intendono applicare l’IRI, in luogo dell’IRPEF ordinaria, devono adottare obbligatoriamente (anche per opzione) il regime di contabilità ordinaria.
La principale novità del nuovo regime per le imprese minori riguarda le modalità di determinazione del reddito secondo il cd. regime per cassa (già adottato dai professionisti) e non più secondo il principio di competenza.
Il novellato art. 66 del TUIR dispone, infatti, che per le imprese che adottano il regime di contabilità semplificata, il reddito d’impresa è dato dalla differenza fra i ricavi percepiti nel periodo d’imposta le spese sostenute nello stesso periodo d’imposta (quindi ciò che si è effettivamente incassato e speso).
La differenza così determinata dovrà poi essere aumentata:
— del valore normale dei beni destinati al consumo personale e familiare dell’imprenditore;
— dei proventi degli immobili che non costituiscono beni strumentali per l’esercizio
dell’impresa;
— delle plusvalenze e delle sopravvenienze;
e diminuita
— delle sopravvenienze passive;
— degli ammortamenti;
— degli accantonamenti.
Il regime, pertanto diventa analogo a quello degli esercenti arti e professioni. Il co. 20 dell’art. 1 della L. 232/2016 prevede, inoltre, l’applicazione del criterio di cassa anche ai fini della determinazione della base imponibile IRAP per i contribuenti in regime di contabilità semplificata.
Il nuovo regime per cassa non è opzionale, ma rappresenta la regola. Pertanto, le ditte individuali e le società di persone, ove intendano ancora avvalersi del principio di competenza, dovranno optare volontariamente per la contabilità ordinaria.
Qualora i contribuenti minori intendano rinunciare alla contabilità semplificata (e al regime per cassa) potranno produrre l’opzione per la contabilità ordinaria: tale opzione ha effetto dall’inizio del periodo d’imposta nel quale è esercitata ed è efficace — salvo revoca — in ogni caso, per il periodo stesso e per i due successivi.
In ogni caso, il regime agevolativo viene meno a partire dall’anno successivo a quello in cui sia superato il limite di volume d’affari sopra indicato.

I soggetti in contabilità semplificata devono tenere:
— i soli registri obbligatori ai fini IVA, che dovranno integrare con le annotazioni ai fini delle imposte dirette,
— le scritture previste da altre normative. L’art. 18, co. 2, D.P.R. 600/73 (sostituito dal D.L. 193/2016, conv. in L . 225/2016) istituisce inoltre due nuovi registri contabili obbligatori – quello dei ricavi e quello delle spese — su cui annotare ricavi incassati e spese sostenute secondo un criterio cronologico basato sul momento dell’incasso o del pagamento.
Sebbene obbligatori, tali registri possono non essere tenuti nel caso in cui gli stessi dati vengano trascritti sui registri IVA . In tal caso, però, i registri IVA devono essere integrati
con le annotazioni separate relative al momento dell’incasso o dal pagamento indicando il documento contabile già registrato ai fini IVA.

Regime forfettario

Il regime forfettario dei contribuenti minimi è stato introdotto dall’art. 1, co. 54-89 della L. 190/2014. Esso è applicabile alle persone fisiche con partita IVA autonoma.
Il nuovo regime, entrato in vigore il 1° gennaio 2015, si applica naturalmente ai soggetti che presentano i requisiti di accesso. Questi, tuttavia, possono sempre optare per il tradizionale regime ordinario o semplificato.
I limiti per l’accesso variano a seconda dell’attività esercitata dai 30.000 euro ai 50.000 euro. Inoltre, nell’anno precedente:
— i soggetti interessati non devono aver sostenuto spese per lavoro dipendente e para subordinato superiori a 5.000 euro lordi annui;
— il costo dei beni strumentali alla chiusura dell’esercizio non deve superare i 20.000 euro.
La determinazione del reddito avviene applicando ai ricavi o compensi percepiti una percentuale di redditività (che varia dal 40% al 86% a seconda dell’attività svolta) sull’ammontare complessivo annuo di ricavi o compensi incassati. Al reddito cosi determinato si applica un’imposta sostitutiva dell’IRPEF del 15%.
Al fine di rendere più vantaggiosa l’adesione a tale regime forfettario, dal 2016 è stata prevista la riduzione dell’aliquota d’imposta al 5%, per i primi cinque anni di attività (in precedenza, per i due anni successivi al primo era prevista la riduzione di un terzo del reddito).
Non è più necessario, per l’accesso a tale regime, inoltre, l’aver percepito nell’anno precedente redditi d’impresa, arte o professione prevalenti rispetto a quelli di lavoro dipendente e assimilati. Sono, invece esclusi i lavoratori dipendenti e pensionati con reddito eccedente i 30.000 euro; la verifica di tale soglia è però irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato.
Non sono previsti requisiti legati all’anzianità della partita IVA, all’età anagrafica o al fatto che l’attività intrapresa presenti il requisito della novità. Pertanto, potranno accedere al regime di favore anche coloro che erano prima esclusi da regime per l’imprenditoria giovanile o per le nuove iniziative imprenditoriali.
Numerose inoltre le semplificazioni contabili:
— sono eliminati gli obblighi di tenuta dei libri contabili ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA e di registrazione dei documenti fiscali;
— i contribuenti non subiscono ritenute;
— non si applicano gli studi di settore e i parametri;

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